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Savignano Irpino – Un legame di prossimità per il dialogo tra generazioni

Savignano Irpino – Un legame di prossimità per il dialogo tra generazioni

In occasione della Giornata mondiale del malato, Monsignor Sergio Melillo, vescovo di Ariano Irpino-Lacedonia, ha voluto essere presente tra gli ospiti e gli operatori del Centro Don Orione, per testimoniare visivamente la sua vicinanza, peraltro mai venuta meno specialmente nel periodo più amaro dell’emergenza epidemica che ha colpito la struttura sul finire del 2020. Un incontro caldo e di mutue corrispondenze che ha portato, tra l’altro, un rinnovato sentimento di speranza in un tempo che ancora fa sperimentare situazioni di sconforto.

Nell’annuale appuntamento che la data dell’undici febbraio dedica al mondo della malattia, la comunità del Centro Medico Sociale Don Orione ha avuto la gioia della visita di mons. Sergio Melillo che, accompagnato dal parroco don Marco Ulto, ha presieduto la celebrazione eucaristica.

L’annuncio era arrivato a sorpresa solo due giorni prima, mentre ci si apprestava alla preparazione della ricorrenza, ed aveva suscitato subito un’atmosfera di briosa attesa tra ospiti e operatori. Così, nella suggestiva cappella del Centro – definita dallo stesso pastore “una cattedrale dell’amore” – alla presenza di ospiti e operatori sanitari, disposti nel rispetto delle norme dettate dall’emergenza sanitaria, il vescovo ha salutato i presenti, dicendosi lieto per un incontro agognato da tempo e fattosi ancora più pressante alla luce delle grandi sofferenze generate dalla pandemia.

Durante l’omelia, poi, commentando il vangelo, ha delineato i tratti della maternità di Maria anticipati nella sua adesione al progetto divino così come espressa nel Magnificat. Ha rivolto un pensiero di vicinanza a tutti coloro che sono stati contagiati dalla pandemia, e nel ricordare la sua apprensione per le vicissitudini della Casa e dei suoi ospiti, ha sottolineato quegli effetti negativi che sul piano affettivo e relazionale ancora permangono per chi vive nelle comunità residenziali, privato com’è del conforto dei propri cari e costretto ad un lungo confinamento che salvaguarda la salute fisica ma pregiudica quella intellettiva, psicologica e spirituale. Citando l’ultimo documento della Pontificia Accademia per la Vita su “La condizione degli anziani dopo la pandemia”, ha auspicato una nuova visione che permetta alla società di prendersi cura degli anziani e ricostruisca il dialogo tra generazioni alimentandolo con veri legami di prossimità.

In conclusione, mons. Melillo ha invocato la benedizione della Madonna, richiamando la figura di don Orione, “grande santo del secolo scorso, che a Maria ha affidato la sua vita e la sua Opera di cui questa Istituzione continua oggi ad essere un luminoso segno”.

A margine della celebrazione, il direttore del Centro ha ringraziato il vescovo per la sua presenza, in un momento di particolare significato per la Casa, e per la sua vicinanza, peraltro mai venuta meno, in special modo nei momenti di più acuta sofferenza che hanno segnato la fine del 2020. Sollecitato, infine, dall’attenzione del vescovo per la nuova costruzione di imminente apertura, ha illustrato il progetto pensato per il polo Alzheimer della RSA, presentando un modello di assistenza integrata in cui la presa in carico viene assicurata fin dall’insorgere dei primi segnali della malattia secondo progetti incentrati sulla domiciliarità in modo da mantenere la persona nel seno del proprio ambiente di vita e lasciare il ricovero in struttura come ultima eventuale risorsa quando la malattia non permette più la permanenza in famiglia. Un modello che, in consonanza degli attuali orientamenti in tema di cura degli anziani, si preoccupa non solo del malato ma anche dei suoi affetti e li sostiene nella comprensione della malattia. Un sistema insomma, volto a creare una rete di solidarietà che vada incontro al malato e ai familiari secondo le necessità che via via si manifestano e che si ponga come riferimento costante nell’accompagnare le quotidiane difficoltà della vita di chi non può più affrontarle con le proprie forze.

Al momento del commiato, il vescovo, promettendo di riprendere con più assiduità i contatti con il Centro e i suoi ospiti, ha voluto incoraggiare gli operatori a perseguire la realizzazione di quei progetti che sapranno qualificare mirabilmente le attività, e di condividere con le persone loro affidate tutto l’impegno necessario affinché non si smarrisca quel legame di prossimità che si fa strumento d’amore tra generazioni e rende giustizia di ogni valore umano.

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