
XXVI Domenica del Tempo Ordinario – Aprire gli occhi e avere compassione del povero
Dopo la parabola dell’amministratore scaltro, la liturgia ci offre oggi la parabola del ricco Epulone e del povero Lazzaro. Il ricco è dedito ai banchetti, in latino epulum, tanto che questa sua caratteristica diventa un aggettivo, Epulone, che potremmo tradurre come mangione, ghiottone. Il ricco non ha un nome e il nome nella Bibbia è importante perchè definisce l’identità della persona. Ilmpovero, invece, ha un nome, Lazzaro, che vuol dire “Dio ha aiutato”.
Non era raro in Oriente che i poveri aspettassero alla porta di un ricco gli avanzi del banchetto, le molliche usate per pulire le mani e lasciate cadere poi a terra. Lazzaro si sarebbe accontentato anche di quelle, ma nessuno si accorge di lui. Ricco e povero sono vicini, ma il ricco non si accorge del povero.
Arriva la morte e la situazione dei due protagonisti si capovolge.
Nelle parole di Gesù si scorgono due polemiche con alcuni maestri del tempo : non basta essere figli di Abramo per avere la garanzia della salvezza, la ricchezza non è sempre segno della benevolenza divina.
Il ricco è condannato non per le sue ricchezze, ma per essere stato incapace di sentire compassione per Lazzaro e soccorrerlo. Il ricco conosceva la parola di Dio, le Scritture sono chiare, ma egli non ha lasciato entrare nel cuore la parola di Dio, non l’ha fatta vita della sua vita. E perciò è stato incapace di aprire gli occhi e avere compassione del povero.
Per la Chiesa e per tutti i cristiani la scelta dei poveri non è una scelta culturale o sociologica, ma teologica, come ha scritto papa Francesco in Evangelii gaudium al numero 198.
La parabola è un ammonimento per tutti: la misericordia di Dio verso di noi è legata alla nostra misericordia verso il prossimo.