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Albania – 30 anni di presenza orionina

Albania – 30 anni di presenza orionina

A Elabasan l’Opera Don Orione celebra oggi i 30 anni di presenza in Albania.

Nel 1935 Don Orione accettò la proposta di aprire una missione in Albania. Gli orionini rimasero nel “Paese delle aquile” per una decina di anni, esattamente fino al gennaio del 1946 quando, con l’ascesa al potere di Henver Hoxha, furono obbligati a lasciare il Paese.

Alla caduta del regime dittatoriale, due missionari, Don Giuseppe De Guglielmo e Fratel Renato Ponassi, tornarono in Albania, come richiesto dall’allora Nunzio apostolico Mons. Ivan Diaz. Il 18 ottobre 1992 raggiunsero Elbasan, una città 50 km a sud della capitale Tirana. Ad accompagnarli in questo viaggio c’erano anche il Provinciale Don Antonio Villari e il chierico Mario Baglio.

Don Giuseppe De Guglielmo, missionario orionino in Albania fin dal 1992, racconta degli inizi e degli sviluppi della missione in questi anni, accennando alle prospettive future.

La Congregazione, tramite l’allora Provincia religiosa SS. Apostoli Pietro e Paolo, decise di riaprire la missione in Albania penso per un fatto affettivo – racconta Don De Guglielmo – Nel 1992 si volle riprendere il cammino missionario a favore della popolazione albanese interrotto nel 1946. A questa decisione si aggiunse il pressante appello di Papa Giovanni Paolo II alle comunità religiose, sia maschili che femminili, a inviare missionari e missionarie in Albania per aiutare la Chiesa albanese a risorgere dalle ceneri, non avendo più né vescovi né sacerdoti, eliminati dal regime. I pochi sacerdoti sopravvissuti dopo aver sopportato per anni la prigione e le torture più terribili non erano in grado da soli di reggere l’immane lavoro di ricostruzione del tessuto religioso e la Congregazione ha risposto a questo appello del Papa”.

Don Giuseppe spiega che all’epoca a Elbasan gli unici cattolici presenti sul posto erano i tecnici e gli operai che erano giunti dal nord dell’Albania con le loro famiglie per lavorare in un enorme complesso siderurgico nella periferia della città e nella centrale idrica distante poche decine di Km.

La celebrazione si svolgeva nella chiesa di San Pietro dei Basiliani di Grottaferrata di rito bizantino, risalente agli anni ’30 e adibita dal regime a palestra. Oltre alle suore e a queste famiglie cattoliche immigrate, la chiesa si riempiva di gente curiosa che veniva per vedere forse uno spettacolo o per ricevere qualche aiuto. Si creava così una grandissima confusione fatta di chiacchiericcio e dovevo interrompere la Messa per cercare di far fare un po’ di silenzio”.

Superate le prime difficoltà gli orionini cominciarono a radunare ragazzi, a organizzare campi estivi e catechesi. Sistemato il terreno per il frequentatissimo oratorio, il Nunzio Apostolico ha continuato a sostenere gli orionini rimanendo al loro fianco in ogni situazione. Con l’apporto della Congregazione costruì la chiesa, che è stata consacrata e dedicata a San Pio X il 2 febbraio del 1997.

Mentre a Elbasan la missione prendeva forma e si standardizzava con la nascita di due opere tipicamente orionine: il Centro di collaborazione interreligioso e l’attività con i giovani attraverso l’Oratorio e un gruppo di giovani ispirati al carisma orionino (SHAO), nel giugno del 1998 si aprì la seconda comunità nel nord del Paese e precisamente a Shiroka. 15 anni più tardi la sede venne trasferita nel vicino villaggio di Bardhaj, che conta oggi «tremila anime tutte cattoliche». Qui si è costruita anche la chiesa con accanto il Centro giovanile.

Don De Guglielmo parla ancora delle diverse attività realizzate nel tempo insieme ai confratelli e alla domanda su quali siano state le problematiche e le soddisfazioni riscontrate in questi 30 anni di missione risponde:

Le problematiche posso dire la lingua, l’ambientamento, le difficoltà iniziali nel capire le persone. Altre problematiche serie non ne ho avute, se non quelle giornaliere come tutte le persone di questo mondo.

Le soddisfazioni? Una sicuramente l’organizzazione di alcuni corsi professionali per i ragazzi da inserire nel mondo del lavoro. I due corsi più riusciti, e che ci hanno dato maggiori soddisfazioni, sono la meccanica e la carrozzeria con tanto di diploma rilasciato dal Ministero del lavoro Abanese. Grazie a Dio tanti ragazzi hanno trovato lavoro sia in Albania che all’estero ed altri ancora hanno aperto un’attività in proprio. Poi ne cito ancora una che racchiude tutte le altre: il dono che il Buon Dio mi ha fatto di poter stare e di svolgere il mio servizio pastorale qui, in Albania».

Infine, alla domanda su quali siano, secondo lui, le prospettive per il futuro anche alla luce del recente Capitolo Generale, Don Giuseppe risponde:

Credo che il futuro dipenda anche dalle forze messe in campo, che oggi sono poche in rapporto ai bisogni urgenti delle persone. Continua ad esserci carenza educativa a cui si è aggiunto in questi ultimi anni anche il problema della droga. Un Provinciale di qualche anno fa, paragonava la nostra zona al Bronx, ed è qui che il nostro santo Don Orione ci ha portato.

Il Capitolo ci sprona a non avere paura e a riprendere coraggio, vedi l’esortazione “Gettiamoci nel fuoco dei tempi nuovi”, a continuare con entusiasmo il nostro servizio in mezzo a questo popolo di periferia. Ricordiamoci quanto diceva ai nostri padri, e quindi anche a noi oggi, Don Orione: “Cari figlioli siamo figli del popolo, stiamo con il popolo, amiamo il popolo perché è di chi lo ama … essere i gesuiti del popolo”, questa è, e solo questa, la prospettiva guardando al futuro, per arrivare a formare, con tutti gli strumenti adatti che il tempo di oggi richiede, una comunità unita, stabile e solidale”.

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