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Dalla crisi nuove prospettive per le RSA

Dalla crisi nuove prospettive per le RSA

La casa editrice Dapero pubblica da diversi anni libri e approfondimenti sulla fragilità degli anziani.

Dapero ha organizzato un gruppo di studio lo scorso 27 novembre a cui hanno partecipato: Roberto Franchini, responsabile dell’Area Strategia, Sviluppo e Formazione della Provincia Religiosa Madre della Divina Provvidenza, oltre che docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore; Daniele Roccon, direttore di IPAB (Istituto pubblico di assistenza e beneficenza) Veneto; Fabio Bonetta, Direttore APS ITIS (Azienda pubblica di servizi alla persona) di Trieste in Friuli Venezia-Giulia; Elisabetta Notarnicola, coordinatrice area Ricerca su Social Policy and Service Management e dell’Osservatorio Long Term Care per CERGAS Bocconi (Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale). L’incontro era moderato da Renato Dapero, direttore editoriale della rivista CURA.

Proprio sulla Rivista CURA sono stati pubblicati due estratti dei lavori del gruppo di studio.

Nel primo, intitolato La diversificazione dei servizi per anziani: per offrire risposte a ogni tipo di bisogno, si affronta il tema dell’ampliamento del concetto di RSA. Non si può più intendere il servizio residenziale per gli anziani in modo statico, ma deve essere al centro di una rete che segue l’anziano e che risponde a tutti i suoi bisogni.

Il secondo articolo, La partnership tra pubblico e privato: come finanziare le RSA del futuro, tratta gli aspetti economici: per sostenere i progetti di rinnovamento scaturiti a seguito dell’emergenza Covid-19 è fondamentale disporre di fondi sufficienti.  La soluzione che si profila all’orizzonte è quella di una partnership tra pubblico e privato nell’assistenza agli anziani, a supporto e in collaborazione con le famiglie.

Io opero anche nell’ambito dei disabili – conclude Roberto Franchini, – dove l’associazionismo familiare ha una chiara consapevolezza dei diritti delle persone con disabilità ed è quindi in grado di fare pressioni. Perché quando sono le strutture a rivendicare certe attenzioni, le si attribuisce facilmente a un semplice bisogno di soldi. Ma se sono le famiglie a protestare, la musica cambia. Nel mondo della cura agli anziani, l’associazionismo famigliare quasi non esiste. Credo che dovremmo intensificare il dialogo anche per questa ragione: perché siano loro a farsi sentire. Tutte insieme“.

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