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Come Santo Stefano, martire per la fede

Come Santo Stefano, martire per la fede

Il 14 dicembre scorso il Santo Padre ha autorizzato la promulgazione di otto decreti riguardanti i miracoli, il martirio e le virtù eroiche di due Venerabili e di nove Servi di Dio; tra questi, il missionario saveriano Don Giovanni Didonè.

Don Giovanni Didonè, insieme ad altri due missionari saveriani, Luigi Carrara e Vittorio Faccin, e al sacerdote diocesano congolese Albert Joubert, sono stati dichiarati beati. Questi missionari caddero vittime di un periodo turbolento e tragico della storia della Repubblica Democratica del Congo (RDC), nei primi anni 1960.

La Repubblica Democratica del Congo stava attraversando una transizione complessa dal colonialismo a un nuovo panorama sociopolitico, pieno di inquietudini che si estendevano alla Chiesa stessa. Saccheggi, persecuzioni e ripetute umiliazioni afflissero le comunità, costringendo molti missionari a partire. Tuttavia, Don Didonè e gli altri saveriani scelsero di rimanere fedeli alla loro missione, accompagnando la popolazione locale nelle loro sofferenze. Sono stati uccisi in odio alla fede (in odium fidei) il 28 novembre 1964 a Baraka e a Fizi, Repubblica Democratica del Congo.

Per i missionari saveriani, Don Giovanni Didonè è stato un “servitore instancabile”. Missionario in Congo, era nato a Cusinati di Rosà (Provincia di Vicenza) il 18 marzo 1930; nel 1941 si trasferì con la sua famiglia a Cà Onorai di Cittadella, in Provincia di Padova. A undici anni si consacrò alla Madonna. Poco tempo dopo, Giovanni rivelò ai genitori il proposito di farsi sacerdote missionario e fu accolto dapprima nel Seminario di Padova; successivamente, entrò nella Congregazione Saveriana ed emise la professione religiosa il 12 ottobre 1952. Il 20 settembre 1958, presenti i genitori e i fratelli, Giovanni ricevette il diaconato e il 9 novembre fu ordinato sacerdote. Partì per il Congo il 3 dicembre 1959 e venne assegnato a diverse missioni: Uvira, Baraka, Fizi, Kiliba. Nella tarda primavera del 1962 il missionario era a Fizi con un compito preciso: costruire una chiesa per la sua comunità. L’11 febbraio 1963 la chiesa è stata consacrata.

La ricostruzione delle ultime ore di vita del missionario saveriano si deve a Padre Palmiro Cima che, tornato nei luoghi dell’eccidio nel gennaio 1966, poté raccogliere informazioni da testimoni oculari. “Il 28 novembre 1964 un capo periferico della guerriglia, tal Abedi Masanga, autoproclamatosi colonello, si arresta davanti alla grande statua dell’Immacolata che domina l’entrata della missione di Fizi, a pochi passi dalla chiesa. Masanga scende dalla vettura e chiama ad alta voce Padre Didonè. Il missionario non ha neppure il tempo di uscire – con quella sua andatura così tipica, un po’ curva e strascicata come un venerabile cappuccino, bonario e sorridente – che un proiettile lo colpisce in fronte, uccidendolo. Cade senza un lamento, ai piedi di un alto albero di papaie.” (Fonte: Giornale “Il Mattino”, 15 dicembre 2023).

Il nostro Don Severino Didonè è nato 6 anni dopo P. Giovanni, il 1° gennaio 1936; è entrato nella Piccola Opera della Divina Provvidenza a Campocroce di Mirano il 3 novembre 1952; ha emesso i primi voti il 12 settembre 1956 e ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 2 luglio 1966, due anni dopo il Martirio del fratello. Attualmente, Don Severino è membro della Comunità di Seregno, nella Provincia Madre della Divina Provvidenza.

I Saveriani hanno detto che P. Giovanni si distinse per il suo servizio instancabile e per l’amore per i più bisognosi. Sono virtù che troviamo anche nel nostro caro Don Severino, che ha l’onore di avere come Beato e Martire della Fede il Missionario suo fratello, a cui si è ispirato anche per decidere di servire il Signore seguendo i passi di San Luigi Orione.

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