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Il capitale umano al servizio del popolo

Il capitale umano al servizio del popolo

In occasione della Festa del lavoro 2019, la Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace ha pubblicato un messaggio in cui, prendendo come riferimento un passo dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco, ricorda che “la quantità, qualità e dignità del lavoro è la grande sfida dei prossimi anni per la nostra società nello scenario di un sistema economico che mette al centro consumi e profitto e finisce per schiacciare le esigenze del lavoro”.  

Come è noto, la festa del Primo Maggio dei lavoratori nasce nel 1889 a Parigi, a seguito dei tragici scontri tra manifestanti e forze dell’ordine avvenuti a Chicago, nel 1887, durante uno sciopero finalizzato a ridurre la giornata lavorativa a otto ore.
Pio XII nel 1955 dedicò il primo maggio a San Giuseppe lavoratore, nell’intento di riconoscere in questa festa, il valore di tutti i lavoratori e l’impegno della Chiesa a difesa della dignità del lavoro.
Tuttavia, il tema del lavoro già da tempo era entrato nel vissuto ecclesiale attraverso la dottrina sociale della Chiesa e diverse encicliche sono state nel tempo pubblicate sull’argomento. Tra queste, la Laborem exercens, in cui Giovanni Paolo II riflette sull’uomo immagine di Dio creatore, che nel lavoro realizza se stesso, esplicita l’immagine di Dio e cresce in quanto uomo. Il lavoro, infatti, è dichiarato riflesso dell’opera di Dio.

Ultimamente Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, rimarca: “Nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita”. E proprio prendendo spunto dalle parole del Papa, la Commissione episcopale per i problemi sociali, la giustizia e la pace della CEI, nel messaggio dedicato alla festa del Primo Maggio di quest’anno, ha voluto ricordare come il lavoro rimanga per l’uomo una condizione propizia nella collaborazione all’opera creativa di Dio.  
Nel loro discorso, i vescovi sottolineano che quantità, qualità e dignità del lavoro si configurano come “la grande sfida dei prossimi anni per la nostra società nello scenario di un sistema economico che mette al centro consumi e profitto e finisce per schiacciare le esigenze del lavoro”. Ciò perché se il processo tecnologico del sistema industriale si è orientato verso i due imperativi del profitto delle imprese e del benessere del consumatore, quegli stessi imperativi “hanno finito per mettere in secondo piano le esigenze della dignità del lavoratore indebolendo il suo potere contrattuale, soprattutto nel caso delle competenze meno qualificate”. Infatti, in questo tempo “l’indebolimento della qualità e della dignità del lavoro porta al paradosso che avere lavoro (che molte volte rischia di essere un lavoretto saltuario) non è più condizione sufficiente per l’uscita dalla condizione di povertà”. E questa sfida, su cui si gioca il futuro del lavoro – scrivono ancora i Vescovi – “può essere vinta solo superando la carestia di speranza, puntando su fiducia, accoglienza ed innovazione e non chiudendosi nella sterilità della paura e nel conflitto”.

Si avverte chiaro il suggerimento di interventi volti a ridurre gli ostacoli a chi crea occupazione, in modo da favorire nuove condizioni per lo sviluppo e reinserire i soggetti più deboli, nel lavoro e nella società. “Abbiamo bisogno – insiste il messaggio – sempre più di forme di sussidiarietà circolare di solidarietà che vedano nuove configurazioni di collaborazione fra tutti i soggetti, senza particolarismi o primogeniture, ma come fondamento e fine del convivere responsabilmente insieme per un futuro di speranza a partire dal lavoro ‘centro di ogni patto sociale’”.

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