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Albania – Festa per i 25 anni con un nuovo sacerdote

Albania – Festa per i 25 anni con un nuovo sacerdote

La missione orionina in Albania ha festeggiato il 18 ottobre i suoi primi 25 anni. Tra le tante iniziative per ringraziare e celebrare questo compleanno importante, sicuramente il momento che più rispecchia il carisma di San Luigi Orione è stata l’ordinazione sacerdotale di Pavlin Preka, ieri a Scutari. Don Orione amava e valorizzava la vocazione religiosa a tal punto da scrivere in una lettera del 1914 “Il desiderio della vita perfetta non può venire che da Dio. È una somma grazia che Iddio ti fa: la vocazione religiosa è il più grande beneficio di Dio, dopo il battesimo. (…) E la vocazione religiosa non è già di chi è perfetto; ma di chi desidera di diventarlo. (…) Va avanti alla Madonna: mettiti come uno straccio, di più, come un figlio, ma bambino nelle sue mani, e poi decidi come fossi in punto di morte, e avrai deciso bene”

Il venticinquesimo anniversario dell’arrivo dei sacerdoti orionini non poteva che culminare nell’ordinazione di un giovane che con il suo sì pieno al Signore continua la sua opera seguendo le orme di san Luigi Orione.

Ma non solo questa festa ha visto protagonisti gli orionini in Albania: mercoledì a Elbasan si è tenuto un simposio a cui hanno partecipato, tra gli altri, il vescovo ortodosso AnDon Merdani, della  diocesi di Elbasan-Shpati-Librazhd; il Myftì, della regione di Elbasan, Agim Duka; il Pastore dell’Alleanza del Vangelo, Ilirjan Gjoni. Tra le autorità civili hanno partecipato: il Prefetto della città, sig. Arben Kamami; il Vice Sindaco Ervin Saraçi e il deputato del Parlamento sig. Taulat Balla. Presenti anche numerose Suore del distretto di Elbasan, un nutrito gruppo di giovani e alcuni laici orionini venuti dall’Italia.

Don Achille Morabito ha trattato il tema “Don Orione e l’Albania”, ripercorrendo le tappe che hanno portato la Congregazione nel “Paese delle aquile”. Molto prezioso, a riguardo, è il Diario scritto da Don Santo Gemelli, primo missionario in Albania negli anni Trenta. Dopo l’avvento al potere di Henver Hoxha, nel gennaio del 1946, i confratelli furono tutti espulsi dall’Albania.  Nel luglio del 1991 – dopo l’appello di Giovanni Paolo II – la Congregazione prese i primi contatti per un «ritorno» al di là dell’Adriatico. E così il 18 ottobre 1992 si ricominciò l’avventura in Albania con due confratelli: Don Giuseppe De Guglielmo e Fratel Renato Ponassi. Successivamente la comunità di Elbasan, prima, e quella di Shiroka, fondata del 1998, hanno accolto altri confratelli.

Don Felice Bruno, Consigliere provinciale delegato per le missioni, ha trattato il tema “Passione per Cristo, per l’uomo, per l’unità”. Partendo dal motto: Instaurare omnia in Cristo ha sottolineato l’amore appassionato a Cristo che si rivela in alcune pagine straordinarie che ci manifestano un volto di Don Orione mistico. Ma il suo non è un amore astratto, ma si declina in una passione grande per l’uomo, nei quali vede, ama e serve il Figlio dell’Uomo. Un amore che si fa impegno per la giustizia e il riconoscimento della dignità dei poveri  la battaglia per il riconoscimento delle 8 ore per le mondine, l’accoglienza in seminario dei neri in Brasile, delle religiose e religiosi ipovedenti…). Infine l’amore per Gesù si declina in una passione per l’unità dei cristiani: la preghiera di Gesù divenne la sua preghiera, un suo impegno attraverso la carità. Dopo aver sottolineato l’importanza dell’ecumenismo della carità, ha evidenziato il ruolo dei “Piccolo Cottolengo” costruiti in tutte le grandi città, quali particolari centri di ecumenismo concreto, con l’accoglienza di chiunque abbia un dolore da lenire, di ogni lingua, razza e cultura. Infine, ricordando il decennale della nascita della creazione del centro interreligioso di Elbasan, Don Bruno ha sottolineato il ruolo delle Chiese e delle religioni nella collaborazione per la costruzione di un mondo più giusto e fraterno.

Don Giuseppe De Guglielmo ha concluso gli interventi, ricordando in modo particolare i primi momenti, che non è esagerato definire “eroici”, viste le difficoltà di ogni tipo, dalla lingua alla cultura, dalle strutture alla situazione economica disastrosa, per non parlare dei danni morali e psicologici che aveva generato  il regime comunista per quasi 50 anni. Ecco uno dei passaggi del suo intervento: «Dopo qualche giorno, le  paure e i pregiudizi sparirono di colpo; fummo  avvolti da un’atmosfera di accoglienza calorosa. Mi rimasero impresse nella memoria, tra l’altro, le bellissime e significative benedizioni che ci venivano rivolte, come: “Benedette le tue gambe che ti hanno portato oggi qui a casa mia” (una vecchietta di Gjinar)…. Fratel  Renato invece si tuffò, nel vero senso della parola, nei quartieri di Elbasan più problematici  con delle sacche di povertà estreme e di abbandono sociale. In pochissimi giorni tutti conoscevano chi era Fratel Renato! Cominciò col distribuire caramelle e immagini sacre, alimenti,  biancheria… Tutti lo rispettavano: niente albanese, italiano così così;  non era un intellettuale esperto in problematiche sociali; però  parlava  una lingua molto  strana, che non si apprende nei banchi di scuola e che tutti capiscono: la lingua della carità».

 

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