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Roma – Incontro di formazione per il personale del Centro Don Orione di Monte Mario

Roma – Incontro di formazione per il personale del Centro Don Orione di Monte Mario

Il 24 marzo 2016 si è tenuto un incontro di formazione per il personale del Centro don Orione Monte Mario. L’incontro è stato presieduto da Don Ivaldo, direttore del Centro, e da Don Paolo Clerici. Don Ivaldo ha aperto l’incontro, con una breve introduzione: “In questo periodo pasquale, questi sono piccoli momenti che vogliamo vivere insieme”. Dopo aver parlato dell’importanza del Giovedì Santo per la Chiesa e per tutti i sacerdoti, la parola è passata a Don Paolo. Il suo discorso si è basato su un tema in particolare: “Il principio dell’identità”.  Questo è un tema fondamentale, che un’opera di Don Orione deve conservare, soprattutto quando si vivono dei forti momenti di cambiamento.  A livello prettamente filosofico, l’identità rappresenta ciò per cui una cosa è quel che è. “Trent’anni fa, la mia identità di prete era diversa. Il mio modello era un prete che stava in chiesa e che aiutava le famiglie povere. Oggi, mi chiedo, qual è la mia identità di prete? Se non c’è un’identità, è una tragedia”. Il concetto è così applicabile anche a quella del santo Luigi Orione (si pensi al suo carisma) e alla sua Congregazione. Un Centro, come può essere quello di Monte Mario, deve avere una determinata identità se porta il nome di Don Orione: tutto il suo team è chiamato a conservarla, in modo tale da raggiungere l’obiettivo prefissatosi. Se così non fosse, potrebbe anche portare un altro nome. Don Paolo, durante il suo discorso, ha focalizzato l’attenzione anche sul concetto delle Opere di Misericordia: <<Da non confondere con la compassione o con il perdono. Durante l’800, la teologia non parlava di questo concetto, mentre la filosofia ne parlava in modo negativo. Misericordia significa avere un cuore rivolto verso le miserie e la miseria. Come ha detto papa Francesco nella Bolla che indice l’Anno Santo della Misericordia: “Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo” >> spiega Don Paolo. Essere misericordiosi significa aprire il proprio cuore, condividendo le sofferenze. Viene fatto l’esempio del Buon Samaritano e della parabola di Lazzaro e del ricco epulone. “I poveri non hanno nome perché non hanno un’identità. Non sono nessuno. L’unico povero a cui Gesù da un nome nelle sue parabole è proprio Lazzaro”. Lazzaro, come tutti i poveri, è una sorta di grillo parlante: un mondo egualitario, in cui non esistano disparità economiche e sociali, rappresenterebbe pura utopia; il povero, da grillo parlante, è uno di quelli che non si vorrebbe mai incontrare perché interpella la coscienza. “Bisogna imparare a riconoscere i poveri – spiega Don Paolo – qual è la colpa morale del ricco in questa parabola? Proprio quella di non essere riuscito a vedere il povero”. La Pasqua è ormai alle porte. Non sono mancati gli auguri di Don Ivaldo e di Don Paolo. Concludono entrambi parlando della Pasqua e di Gesù, che durante il Giovedì Santo, nonché il Giovedì Sacerdotale, in cui viene istituita l’Eucarestia, Gesù si è fatto Agnello immolato pur di liberare l’intera umanità dal peccato. Il periodo pasquale serve per meditare e per riflettere: “Come voleva Don Orione, prepararsi con amorevole dolcezza alla comprensione dei piccoli, dei poveri, prendendosi cura di loro nell’esempio del Buon Samaritano”.

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