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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario – Coltivare i talenti nell’amore

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario – Coltivare i talenti nell’amore

La parabola dei talenti, che acolteremo oggi, segue immediatamente quella delle dieci vergini.

Il padrone consegna dei denari ai suoi servi e poi chiede loro conto di come lo hanno utilizzato.

Il talento era una misura di peso usata sia per l’oro che per l’argento, che in seguito venne a rappresentare anche il valore di questi metalli. Il talento aveva un valore enorme, poteva corrispondere anche a circa 40 kg di oro. Cinque talenti sono una somma elevata, oggi potrebbero equivalere a diverse decine di migliaia di euro.

I primi due servi hanno la funzione di mettere in risalto il comportamento del terzo: egli per paura ha sotterrato il talento e lo restituisce poi al padrone, che ha una risposta molto dura.

La chiave di lettura della parabola è tutta nella parola paura: il terzo servo definisce il padrone duro, è questa l’immagine che si è fatto di lui. In una simile concezione di Dio c’è spazio solo per la paura e la scrupolosa osservanza di ciò che è prescritto.

La parabola vuole farci riflettere sulla vera natura del rapporto tra Dio e l’uomo: è tutto l’opposto della paura e del timore servile. Il discepolo di Gesù deve muoversi in un rapporto di amore dal quale soltanto possono scaturire coraggio, generosità, libertà e spirito di iniziativa. In questa logica l’unica paura che si può avere, se così si può dire, è quella di non amare Dio abbastanza.

A volte non rispondiamo da figli a tanto amore, preferiamo nascondere i talenti sotto terra, preferendo la logica del siamo pari. Questa è la strada della paura: chi ha paura non tiene conto di un elemento essenziale della nostra vita, il tempo. Il tempo passa veloce, la vita passa nel timore di mettersi in gioco, come il terzo servo che il padrone giudica pigro.

La fede non è un cofanetto dove conserviamo entità astratte, è fatta di intraprendenza, prospettive nuove che ci interpellano continuamente: la fede opera per mezzo dell’amore (Lettera ai Galati, 5,6). Chi mette sotto terra il talento è ripetitivo, pauroso, sterile, inutile: occorre vigilare per vivere bene il tempo presente in attesa del rendiconto finale, che va preparato giorno per giorno.

Dobbiamo portare molti più talenti di quanti ne abbiamo ricevuti, perché il rapporto con Dio è un rapporto di amore e l’amore moltiplica, porta frutto, feconda, non è neè sterile nè pauroso.

 

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