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Lettera di Don Aurelio a operatori sanitari e amici della Casa di Bergamo

Lettera di Don Aurelio a operatori sanitari e amici della Casa di Bergamo

Pubblichiamo la lettera che il Direttore provinciale ha indirizzato agli operatori sanitari del Centro Don Orione di Bergamo che stanno combattendo in prima fila la battaglia contro il coronavirus. In verità, quanto scritto, è rivolto a tutti i nostri medici, infermieri, operatori sanitari, ausiliari… a cui va la gratitudine del Consiglio provinciale.

Roma, 21 marzo 2020

 

Carissimi operatori sanitari e amici della Casa di Bergamo,

da diversi giorni la vita di tutti è cambiata perché un nemico invisibile è venuto a stanziarsi in mezzo a noi. Ancora non lo conosciamo bene e gli abbiamo dato un nome che è poco più di un numero; si chiama covid 19, meglio conosciuto come coronavirus. È entrato nelle famiglie, nei negozi e nei centri commerciali ed è entrato anche nella vostra Casa, il Centro Don Orione. La sua presenza ha sconvolto le vostre abitudini lavorative, familiari, relazionali… Di fronte a lui, voi e tutti noi, ci sentiamo impotenti.

Si tratta dell’impotenza che fa parte della nostra natura umana e che per troppo tempo abbiamo accantonato, pensando di essere invincibili su tutti i fronti. Vorremmo fare di più, ma non ci è possibile. Noi religiosi ci sentiamo come il profeta Geremia che diceva: “Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno cosa fare”. Si tratta dell’impotenza che ci lascia senza fiato e che entra in noi, poco per volta, come il virus, minando non il corpo ma la nostra capacità di reagire.

Che fare, dunque? Dobbiamo arrenderci? C’è una luce in questa notte? Sì. La luce siete voi. Sono consolato dalle informazioni che ricevo. Ho saputo che siete diminuiti molto perché anche alcuni tra voi si sono ammalati, ma un drappello coraggioso, senza più badare ad orari, a ferie o ai diritti lavorativi, è presente ogni giorno per aiutare i nostri ammalati e per portare con la terapia, il conforto della presenza. Quanto vale per gli ammalati, vale ancor più per coloro che stanno passando al Signore. Questi ultimi, non possono vedere, prima di chiudere gli occhi, il volto dei loro cari, ma possono vedere voi, il vostro lavoro, la vostra generosità e possono ascoltare le vostre parole, le uniche a raggiungerli prima del passaggio definitivo.

Dopo i terremoti di inizio ‘900, gli orfani accolti nelle Case orionine venivano consolati dallo sguardo e dalle parole di Don Orione che era andato a recuperarli sotto le macerie. Qualche decennio più tardi, specie durante la seconda guerra mondiale, nei Piccoli Cottolengo e nelle Case di carità, i poveri vivevano fianco a fianco con le suore che trasmettevano loro qualcosa della tenerezza di Dio. Una tra esse è particolarmente ricordata, suor Maria Plautilla, di cui si è detto che era un riflesso del volto di Don Orione. Altri l’hanno definita come Don Orione in abito da suora.

Carissimi amici, oggi Don Orione siete voi, non più con la veste talare, ma con il vostro camice bianco. Oggi, il riflesso del volto di Don Orione siete voi che accompagnate le terapie con una parola di conforto e con uno sguardo amico. Vi ringrazio per la vostra presenza e per i vostri sacrifici. Verranno ricompensati dal Signore che è grande nell’amore. La vicinanza agli ammalati, specie in questo momento di generale pronto soccorso, è una medicina anche per voi, perché, come ci insegna la nostra tradizione cristiana: “il Signore perdona tante cose, per un’opera di misericordia”.

Coraggio. E grazie a tutti

Don Aurelio Fusi

Direttore provinciale

Scarica QUI la lettera di Don Aurelio.

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