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Don Giuseppe Pollarolo – Sacerdote e partigiano, con il breviario alla cintola e mai il fucile

Don Giuseppe Pollarolo – Sacerdote e partigiano, con il breviario alla cintola e mai il fucile

Oggi, 25 aprile, si ricorda il 74° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascimo.

Tra i tanti protagonisti della lotta per la libertà e la giustizia ci fu anche un sacerdote orionino, don Giuseppe Pollarolo. Fu lui, con un gesto di grande pietà, a coprire il corpo di Claretta Petacci in piazzale Loreto a Milano, come si racconta in questa testimonianza.

Don Pollarolo era nato nel 1907 a Pozzolo Formigaro (AL) da una famiglia molto povera; nel 1919 viene accolto entra nell’Opera di don Orione a Tortona e diventa sacerdote nel 1930. Nel 1943, su indicazione di don Sterpi, primo successore di Don Orione, inizia la sua attività pastorale a Torino, nelle fabbriche, tra gli operai.

Questo impegno e sensibilità tipicamente orionina verso gli ultimi lo portano dopo l’8 settembre a seguire i giovani che sulle montagne si organizzano per resistere all’occupazione tedesca: diventa così partigiano, senza mai  smettere di essere prima sacerdote, “con il breviario alla cintola, mai con il fucile”. Scrive don Aurelio Fusi in un articolo su don Pollarolo: Subisce  la  violenza, è messo al muro, rischia  la  vita,  conosce il carcere, ma, da parte sua, costituisce sempre un freno, una moderazione, un richiamo alla carità evangelica e alla riappacificazione degli animi.

Appassionato di fotografia e riprese cinematografiche, porta con sè sulle montagne una piccola macchina da presa per dilettanti, una Pathé Baby, che sta in una tasca, con la quale effettua molti filmati della vita dei partigiani, un prezioso documento storico e umano.

Don Ignazio Cavarretta ricorda invece le giornate di aprile subito dopo la liberazione: Dopo poche ore dal terribile scempio di Pazzale Loreto, Don Pollarolo tenne un vibrante discorso dai microfoni di “Radio Milano Libera”. Salutò con commozione i compagni della Resistenza esaltando l’epopea della resistenza sui monti e avvertì: “ il Cappellano che ha sentito sulla nuca il freddo della rivoltella tedesca ed ha avuto dinanzi il plotone di esecuzione si raccomanda al popolo perché non compia vendette private, né si abbandoni a furori scomposti degni di ogni riprovazione”. E invitò: “ Lasciate che questo povero Cappellano, cresciuto alla scuola di Don Orione, l’Apostolo della Carità, vi dia la parola d’ordine per la ricostruzione: collaborare tutti in uno sforzo intelligente, onesto e libero per tradurre in legge l’amore predicato da nostro Signore Gesù Cristo!»

Parole che suonano, oggi, attuali come allora.

 

 

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